Larry W. Hurtado (1943-2019) e il simbolo tau-rho

 

Avendo sentito della scomparsa dello studioso Larry Hurtado, ho deciso di publicare sul mio blog la mia recensione di un suo libro che avevo letto diversi anni fa.

Larry W. Hurtado, The Earliest Christian Artifacts. Manuscripts and Christian Origins, Eerdmans, Grand Rapdis/Cambridge 2006, pp. 248.

In genere gli studiosi sono interessati ai manoscritti della Bibbia per espugnare gli errori dai testi biblici. Questo, in sintesi, è il lavoro della critica testuale. Ma Hurtado (nota 1) dice che i manoscritti possono anche fornire altri dati preziosi sui primi cristiani. Di primo acchito questo libro mi sembrava piuttosto noioso e stavo per non finirlo, ma sono contento di aver proseguito. Si tratta di un’indagine affascinante sugli atteggiamenti dei primi scribi cristiani, in quanto tali atteggiamenti possono essere dedotti dai manoscritti da loro copiati; ed anche, per estrapolazione, di qualche prassi dei primi cristiani.

Per esempio, che cosa ci fa capire quando un antico manoscritto fu ricopiato con molta attenzione, grandi lettere, grandi margini e qualche spazio (una cosa non tanto comune all’epoca) tra alcune parole? Secondo Hurtado questi sono segni che questo testo probabilmente fu ideato per essere letto in pubblico. Non è così per tutti i manoscritti, alcuni dei quali non dimostrano le caratteristiche appena menzionate.

Gran parte di questo libro è un’indagine certosina sugli aspetti ‘fisici’ o ‘materiali’ dei primi manoscritti. Erano rotoli o codici (è ben nota la preferenza dei cristiani per il codice, il precursore del libro)? Quanto erano grandi i ‘fogli’? I margini e le lettere erano grandi o piccoli? E, come abbiamo già menzionato sopra, c’era ogni tanto o no qualche spazio tra le parole?

E’ una cosa risaputa che ci sono manoscritti in cui è possibile identificare la presenza di correzioni, eseguite o dallo stesso scriba o da un suo contemporaneo. Le correzioni da parte di chi non ricopiò il manoscritto, dice Hurtado, in qualche modo costituiscono un indizio della presenza di una sorta di supervisione. E questo vuol dire che in tal caso c’era già nei primissimi secoli qualche scriptorium, almeno concettualmente. La presenza di correzioni, va da sé, vuol dire anche che gli scribi furono interessati a ricopiare con precisione il messaggio riportato. Sembra una cosa intuitiva, ma Hurtado vuole portare alla nostra attenzione il fatto che questo fenomeno fornisce importanti informazioni sugli atteggiamenti dei primi cristiani rispetto al messaggio riportato per iscritto.

E’ importante renderci conto che l’osservare il modo in cui i primi scribi ricopiarono i testi biblici, a volte ci presenterà qualche enigma. Dopo una cinquantina di pagine (pp. 43-94) di fitta argomentazione sulla preferenza per il codice da parte dei cristiani, non vedo Hurtado disposto a tirare le fila. Perché? Perché a quanto pare almeno per ora i dati non ci permettono a dare una risposta definitiva. Un’altra cosa a cui è difficile dare una spiegazione categorica riguarda l’origine e l’evoluzione dei cosiddetti nomina sacra (i ‘nomi sacri’, pp. 94-134). Si tratta di una serie di abbreviazioni trovate in più manoscritti, di cui le quattro principali sono per le seguenti parole: Dio, Signore, Cristo e Gesù. Se non possiamo essere certi sulle loro origini, è notevole che ‘Cristo’ e ‘Gesù’ rientrano nella stessa categoria di ‘molto frequente’ di ‘Dio’ e ‘Signore’. Già i contenuti dei manoscritti cristiani del Nuovo Testamento ci spiegano che Gesù Cristo è Dio. E questo ci basta per la nostra fede. Ma la ‘riverenza’ concessa alle parole ‘Cristo’ e ‘Gesù’ nei manoscritti, ci fa capire che anche i primi scribi riconoscevano la divinità di Cristo.

A Hurtado preme argomentare che i manoscritti, oltre a portare i contenuti dei loro messaggi, costituiscono in sé alcuni dei ‘manufatti’ cristiani più antichi. Ovvero, prima di osservare l’arte cristiana o le tombe cristiane, esempi di ‘manufatti’ o ‘artifacts’ ben riconosciuti dagli studiosi, dobbiamo vedere i manoscritti biblici stessi come ‘manufatti’, che ci forniscono più informazioni di quanto pensassimo sul cristianesimo delle origini.

Un caso davvero particolare è quello del simbolo tau-rho (l’immagine riportata in modo schematico all’inizio di questa recensione) (nota 2). Il tau-rho è la sovrapposizione delle due lettere greche in questione. Questo simbolo viene chiamato anche uno staurogramma, dalla parola greca per ‘croce’ stauros. Infatti, questo simbolo viene usato in qualche manoscritto come abbreviazione per la prima parte sia del verbo ‘crocifiggere’ (stauroō) sia del sostantivo ‘croce’ (stauros).

Hurtado introduce l’importanza di questo simbolo a p. 136 facendo presenti due punti: “Primo, diversamente da quanto spesso si pensi, il più vecchio cristogramma sembra essere il tau-rho (e non il più familiare chi-rho). Secondo, e ancora più importante per questo libro, l’uso più primitivo a nostra conoscenza del tau-rho non è come un simbolo indipendente e un riferimento generale a Cristo, bensì in dei manoscritti databili a c. 175-225 d.C, dove viene adoperato come parte dell’abbreviazione delle parole greche per ‘croce’…e ‘crocifiggere’, scritte…come nomina sacra…. Perciò, in questo uso particolare del tau-rho dovremmo probabilmente vedere più precisamente uno staurogramma, ovvero, un riferimento visivo alla crocifissione di Gesù. Se questo è corretto, ha delle implicazioni significative per la nostra comprensione della storia della devozione cristiana primitiva ed anche per la storia dell’arte e dell’iconografia cristiane” (corsivo aggiunto).

La componente ‘tau’ probabilmente viene usata perché la forma della lettera stessa assomiglia alla croce di Gesù (148). Ed è possibile che la parte tonda superiore della rho rappresenti la testa di una persona crocefissa (151). Questi dati sicuramente testimoniano l’importanza della croce nel pensiero degli scribi che cominciarono ad adoperare lo staurogramma come abbreviazione (154). Hurtado mette in evidenza, più volte, che l’aspetto ‘visivo’ è ciò che rende lo staurogramma un manufatto importante riguardo alla devozione dei primi cristiani. In altri termini, a suo avviso, nella lettura a voce alta di questi testi, con ogni probabilità, venivano pronunciate le parole distese e non le abbreviazioni.

Sia chiaro che le tesi qui menzionate riguardanti il tau-rho, come altre tesi del libro, non incidono sulla nostra comprensione della Bibbia (nota 3). Incidono invece sulla nostra comprensione della fede degli scribi in questione.

Cosa dire di questo libro? E’ ottimo, ma non è per tutti. Per seguirlo bene, uno dovrebbe conoscere almeno il greco ed essere in grado di navigare nei concetti della filologia.

Nota 1: Il blog di Hurtado http://larryhurtado.wordpress.com

Nota 2: Hurtado 237 riporta una foto molto bello di Luca 14:27 in P. Bodmer XIV, P75 in cui c’è un tau-rho. C’è una breve menzione dei nomina sacra in Giancarlo Rinaldi, Cristianesimi nell’antichità. Sviluppi storici e contesti geografici (Secoli I-VIII). Chieti, Ed. GBU, 2008, p. 42. Il libro di Hurtado è dedicato a Edwin Judge e ai suoi colleghi di Macquarie University (Australia) nell’Ancient History Documentary Research Centre, dove Hurtado ha trascorso un periodo sabbatico nell’aprile-maggio 2005. Si dovrebbe trattare in qualche modo del progetto menzionato in Rinaldi p. 42, annunciato da Judge al congresso internazionale di papirologia tenuto a Napoli 19-26 maggio 1983.

Nota 3: Infatti, la creazione delle varie abbreviazioni possono aver avuto delle origini allegoriche (o successive interpretazioni) proprio strane (cfr. pp. 114-5, 147, 149-50). Così, si ricordi di tenere distinti, da una parte, l’insegnamento della Bibbia e, dall’altra, le idee (quali che fossero) degli scribi che ricopiarono la stessa.

 

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