Problemi di traduzione: LXX e Vulgata

Problemi di traduzione: LXX e Vulgata

In questo post, come in altri della serie Problemi di traduzione, voglio sensibilizzare il lettore a qualche problematica del settore della traduzione della Bibbia, un ambito molto impegnativo. Alcuni degli esempi considerati avranno a che fare con la critica testuale. Infatti a volte i due settori (la critica testuale e la traduzione) sono strettamente intrecciati. Il mio obiettivo è di fornirvi dei dati perché possiate diventare più consapevoli riguardo al settore della traduzione della Bibbia. Mi preme far presente che quasi tutte le traduzioni della Bibbia hanno pregi e che il nostro debito di gratitudine verso quelli che traducono la Bibbia per noi è immenso. Questa serie non è per brontolare ma piuttosto per aiutare

 

La Septuaginta o LXX

La Septuaginta è un’antica traduzione greca della Bibbia ebraica che fu eseguita qualche secolo avanti Cristo. Viene chiamata anche la versione dei Settanta ed è abbreviata ‘LXX’.  La LXX fece uno sbaglio nel tradurre Giona 1:9. Si tratta del versetto in cui Giona risponde ai marinai che sono preoccupati per la grande tempesta. Secondo la Nuova Riveduta (NRiv) la risposta di Giona inizia così:

“sono Ebreo e temo il Signore, Dio del cielo”.

Tale traduzione rispecchia bene il testo ebraico. Nella LXX invece questa parte del versetto è differente:

“sono un servo del Signore e temo il Signore, Dio del cielo.”

Vedete le differenze? Ce ne sono due.

Ecco la prima. Servo o ebreo?

Le parole ebraiche per ‘ebreo’ e ‘servo’ differiscono di una sola lettera (in realtà di due e questo riguarderà la seconda differenza). Quelle due lettere, dalet e resh, si assomigliano molto e, di conseguenza, sono facilmente confondibili. In Giona 1:9 la LXX sbagliò nello scambiare una parola per un’altra a causa di questa confusione di una lettera. Questo spiega la differenza tra ‘ebreo’ nell’ebraico (e NRiv) e ‘servo’ nella LXX.

La seconda differenza. Qual è l’accezione giusta?

Ma da dove viene la frase ‘del Signore’ nella LXX? Giona dice io ‘sono un servo del Signore’. Come abbiamo accennato sopra, le parole ebraiche per ebreo e servo non solo hanno due lettere molto simili, inoltre in ‘ebreo’ c’è anche una lettera in più, rispetto a ‘servo’; e quella lettera sta in fondo. La lettera in questione è una yod. Che cosa successe? Uno scriba, leggendo ‘servo’ (anziché ‘ebreo’) dovette anche capire il significato della yod “avanzata’. Egli la interpretò come un’abbreviazione per il tetragramma, la cui prima lettera inizia per yod. In altri termini, la LXX tradusse la yod ‘il Signore’ (o più specificamente ‘del Signore’) (nota 1). Qui concludiamo la spiegazione del nostro primo sbaglio e passiamo al secondo.

La Vulgata è la traduzione latina della Bibbia compiuta da Girolamo (347 – 419/420). Egli sbagliò nella traduzione di Colossesi 3:13. In questo versetto Paolo sta terminando un’esortazione scrivendo: “sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.” La CEI (traduzione cattolica della Conferenza Episcopale Italiana) rende bene il greco di Paolo: dobbiamo ‘perdonarci’ a vicenda, come il Signore ‘ha perdonato’ noi. La Vulgata, da parte sua, traduce così: supportantes invicem, et donantes vobismetipsis si quis adversus aliquem habet querelam: sicut et Dominus donavit vobis, ita et vos. Qui dove dovrebbero esserci due volte un verbo latino per ‘perdonare’, si trova invece due volte ‘donare’ (donantes, donavit). Che cosa successe?

Il Nuovo Testamento usa due verbi differenti per ‘perdonare’. Quello usato qui due volte da Paolo è charizomai. Charizomai, a sua volta, ha almeno due accezioni (= significati), ovvero: ‘donare’ e ‘perdonare (un peccato o un debito economico)’. Così il traduttore deve decidere, caso per caso, quale significato sia da tradurre. Qui illustriamo velocemente ciascuna di queste accezioni del verbo charizomai.

-In 2 Corinzi 12:13 il significato è ‘perdonare’. Qui Paolo scrive con sarcasmo ai Corinzi: “in che cosa infatti siete stati da meno delle altre chiese, se non in questo, che io non vi sono stato d’aggravio? Perdonatemi (charizomai) questo torto” (Nuova Diodati).

-In Luca 7:21 invece è attinente il significato ‘donare’: “in quella stessa ora Gesù ne guarì molti da infermità, da calamità e da spiriti maligni, e a molti ciechi donò (charizomai) la vista” (NDiod).

È chiaro che in Colossesi ci sta ‘perdonare’ non ‘donare’.

Che una parola abbia più accezioni esiste anche in italiano. Pensate per es. alla parola squadra. ‘Squadra’ può far riferimento a un gruppo di persone oppure a uno strumento usato nel disegno tecnico. Se scrivo che ‘a Londra le donne italiane hanno vinto la medaglia d’oro nel fioretto a squadra’, non ci sono dubbi su quale delle due definizioni ho in mente e non è ovviamente quella dal disegno tecnico. Nello stesso modo, il traduttore deve scegliere l’accezione appropriata in quei vocaboli che hanno un campo lessicale con più accezioni. In parole povere, bisogna scegliere il significato giusto. In Colossesi 3:13 il grande Girolamo non ci riuscì.

Quali sono stati i due errori che abbiamo considerato in questo post?

La LXX lesse male l’ebraico (o usava un manoscritto difettoso). Girolamo scelse male quale definizione attribuire a charizomai.

Nota 1. Sulle questioni di critica testuale su Giona 1:9 cfr. Douglas Stuart, Hosea-Jonah, Word Biblical Commentary, Word, Waco 1987, p. 455, nota 9.a.